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Immagine del redattoreCostantino Cutolo

Contenere la volatilità nell'investimento azionario

Aggiornamento: 23 ott 2020



Volatilità: "Indicatore che misura l'incertezza o la variabilità del rendimento di un'attività finanziaria."

Questa la definizione di volatilità dal sito di Borsa Italiana. Ne consegue che uno strumento più è volatile, più è soggetto a variazioni di prezzo e più si può considerare rischioso.

Affrontare l'investimento nei mercati azionari vuol dire fare i conti con una volatilità che è generalmente più alta rispetto alle alternative più gettonate, almeno da noi Italiani: obbligazioni e depositi. Sappiamo però che nel tempo, e su orizzonti di investimento sufficientemente lunghi, l'asset class azionaria è quella che ha sempre dato i migliori risultati in termini di rendimento.


Ma come conciliare la volontà di avere rendimenti attesi superiori, con quella di rendere il più possibile stabile l'andamento del nostro portafoglio?


Un'idea potrebbe essere quella di orientarsi verso segmenti specifici dell'azionario, costituiti da quei titoli che esprimono una minore volatilità. Ci sono molti prodotti, sia fondi a gestione attiva che ETF. costruiti con questa filosofia di investimento, chiamata Low Volatility.

Una variante di questa strategia, spesso erroneamente considerata un sinonimo della precedente, è definita Minimum Volatility, il cui criterio base è la costruzione di un portafoglio titoli che sia il più possibile stabile in termini di prezzo. Quindi mentre la prima strategia si basa su una selezione dei titoli meno volatili, la seconda si basa su un approccio matematico di ottimizzazione, che sfrutta le matrici di correlazione per costruire il portafoglio meno volatile possibile a partire da un determinato paniere di titoli (es: titoli del mercato americano). La differenza nella composizione è notevole, perché ad esempio un prodotto Minimum Volatility può comprendere anche titoli ad alta volatilità, mentre un Low volatility no. Per maggiori approfondimenti sulla differenza potete consultare questo articolo sul sito di S&P (https://www.spglobal.com/en/research-insights/articles/low-volatility-and-minimum-volatility-are-not-the-same)


I risultati di queste strategie sono interessanti, sia in ottica di diversificazione, perché la correlazione con gli indici tradizionali è contenuta, sia dal punto di vista del rapporto rischio rendimento.

Prendiamo ad esempio a riferimento l'andamento dell'indice MSCI World, rappresentativo del mercato azionario globale, rispetto a quello dell'MSCI World Minimum Volatility.



Come è possibile vedere già dalla parte grafica, i risultati di questa strategia per il contenimento del rischio negli ultimi 15 anni sono risultati essere addirittura migliori rispetto a quelli dell'indice tradizionale. Una volatilità (nella tabella "annualized std dev") più bassa di 4 punti percentuali su tutte le scadenze, e rendimenti molto simili negli ultimi 10 anni, danno come risultato un rapporto rischio/rendimento migliore. Questo è proprio quando indicato nella parte bassa della tabella, sotto la voce Sharpe Ratio.


Come usare questa tipologia di prodotto ?


Potrebbero essere considerati degli Entry Level nel mercato azionario per quelle persone che si approcciano per la prima volta all'investimento azionario e vorrebbero vedere oscillare il meno possibile il loro capitale. O meglio ancora, potrebbero essere usati come parte di una più ampia componente azionaria, e quindi affiancati a prodotti con un'esposizione più tradizionale al mercato. Questo nell'idea di abbassare la volatilità complessiva di un portafoglio, anche grazie ad una loro correlazione contenuta con gli indici più generici. Nel caso di esempio, la correlazione dell'indice Minimum Volatility con l'indice principale, che può oscillare da 1 a -1, risulta essere pari a 0.68 come ci indica il Beta in basso a sinistra nella tabella.



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